mercoledì 8 aprile 2009

Un bel pezzo trovato in rete


Che altro aggiungere? E' uno sfogo, ma quanti di voi si sono sentiti allo stesso modo? RIfletteteci!

Odio le donne -- parlo di quelle che conosco perché le frequento o le ho frequentate -- ragazze tra i sedici e i trent'anni, nell'arco di età che si situa dopo che la vita ha fatto loro comprendere con quali armi micidiali possano tenerci in pugno e prima che, in un modo o nell'altro, si ritrovino vittime di se stesse. Le «odio» perché esistono; può sembrare scarno, come motivo, ed in effetti lo sarebbe, se non fosse completato dal resto: esistiamo anche noi.
« Le vedi camminare insieme... » diceva la canzone, ed è la situazione peggiore, perché quando si raggruppano la loro potenza diventa micidiale, la loro perfidia oltrepassa ogni limite, ed il mio odio raggiunge vette stellari. Le donne sono incapaci di incertezze già da sole, almeno per tutto ciò che riguarda l'interazione con gli uomini, ma ritrovarsi in gruppo (e due è già troppo quando si tratta di "loro") dà loro un'attitudine addirittura euforica, in quella irritante sicurezza.
Odio le donne, e la loro abitudine a giudicarci, senza mai avere dei dubbi su se stesse; odio il loro modo di aspettarsi sempre qualcosa da noi, eterni giullari, servitori e confidenti, sempre presenti e sempre imperfetti, di ritenersi in diritto di eseguire quella umiliante serie di «esami» cui ci sottopongono quando le conosciamo, e detesto il loro modo di trarre delle conclusioni, sempre con quell'aria da giudici infallibili, convinte di cogliere l'essenza delle nostre anime da quelle quattro cazzate che ci costringono a dire affinché l'approccio contenga la giusta quantità di "simpatia" che loro, miopi e superficiali, esigono ad ogni prima impressione. Le odio perché amano i cinici, quelli che si presentano senza debolezze, e soprattutto senza interesse apparente nei loro confronti. Le odio perché se amano certa gente è perché vogliono sempre avere l'impressione di essere state loro a decidere, come se la volontà dell'altro non contasse un cazzo. Le odio, perché credono che le frasi idiote e preconfezionate dei primi discorsi siano sufficienti a fare «conoscere» le persone (e, si sa, che la danno solo se ci si conosce...).
Le odio, perché hanno ossessioni mostruose, e non le confessano mai; un po' perché non ne hanno il coraggio (di fronte a se stesse, naturalmente, perché del nostro giudizio, ai nostri giudici, non interessa granché), un po' perché amano mantenere tutti i loro privilegi, ivi compreso quello di potersi fingere schifate venendo a conoscenza delle nostre. Le odio, perché se a letto qualcosa non funziona, non si domandano mai se è stato il loro modo di farlo che ha rovinato tutto (e a volte sono pezzi di legno inerti, che aspettano, preda di oscene convulsioni, l'orgasmo che graziosamente porgiamo loro senza porci domande -- perché non pensiamo più di avere il diritto di porgercene), mentre per noi sono grandi paranoie.
Aborro il loro vittimismo. Ci avessero reso schiavi, per vendicarsi di secoli di oppressione, avrei capito. Ma hanno scelto la strada più vile: il loro predominio è palese da ormai trent'anni, ma non smetteranno mai di lamentarsi, perché ci si gode di più, a comandare facendo finta di essere sottomesse. Sono preda di maniacali ossessioni igienico-alimentari-salutiste dalla più tenera età (il che significa, in particolare, che si fanno schifare da qualunque cosa non sia una loro schifezza), isteriche ed incostanti, inaffidabili e genericamente insopportabili, eppure non sanno fare altro che criticare il nostro stile di vita, addossandoci sempre le colpe dei nostri stereotipi.
Temo e sono disgustato più di ogni altra cosa al mondo dalla loro incostanza, il modo che hanno di cambiare radicalmente in un battito d'ali di farfalla, la maniera in cui sanno trasformarsi nei mostri più freddi e malvagi (in grado di colpire con le parole più che con ogni altra arma, perché il loro vittimismo giustifica ai loro occhi qualsiasi cattiveria verbale e morale) per «punirci» delle nostre colpe (lo facessero almeno per difendersi, ma invece no, loro lo fanno perché meritiamo una punizione). Mi distrugge la loro capacità di dimenticare, di voltare pagina come se niente fosse, di cancellarci e sostituirci in men che non si dica con un altro fantoccio, per cui possono ricominciare a dispensare il miele che permetterà loro di fare più male, alla fine.
Mi inorridisce il loro maternalismo, il loro modo di non prenderci mai sul serio, di trattarci sempre come dei bambini, capricciosi od ingenui a seconda dei casi, di ritenere normale che il diritto di incazzarsi sia solo il loro, mentre quando siamo noi a farlo nella migliore delle ipotesi ci guardano con un sorriso bonario ed un pensiero in testa ( « non puoi capire... » ) e nella peggiore si infuriano, scandalizzate per la nostra minima critica. Le detesto, perché non hanno pietà, e ci servono i peggiori voltafaccia con sorriso candido, cuore colmo di malafede, ed armi affilate per difendersi attaccando, alla prima protesta. Odio lo sguardo con cui sanciscono che ogni nostro interesse è puerile, mentre le loro stronzate (che non cito per pietà, ma potrei cominciare parlando di quelle pseudo-culturali, per continuare con quelle pseudo-sportive e finire con quelle pseudo-sessual-distensive) sono diritto inalienabile ed incriticabile.
Odio il loro terrore di sentirsi «cattive», che le spinge alle peggiori ipocrisie, alle peggiori fandonie, prima di ammettere la verità, quando questa le mette in cattiva luce. Le odio, perché passiamo anni cercando di costruire un legame indistruttibile, svendendo a buon mercato parti importantissime di noi, per poi scoprire, oltretutto quasi sempre senza che siano loro ad ammetterlo, che abbiamo tirato un leggero filo, sempre pronto a spezzarsi. Le odio perché sanno guardare quel filo tendersi senza nessuna paura, e mentre noi moriamo di terrore, impotenti di fronte al rischio che si spezzi, loro approfittano dell'evenienza per torturarci meglio.
Odio il loro modo di cercare degli schiavi, inetti e docili, che possano dominare, e su cui possano sfogare la loro intima frustrazione, eternamente derivante dalla loro pochezza, che loro sentono, ma che stonerà per sempre con l'immagine di perfezione che dipingiamo loro addosso. Le odio, appunto, perché noi, artisti appassionati e devoti, dedichiamo la vita a riempire il loro mondo, possiamo scannarci l'un l'altro per una di loro, e buttiamo via metà della vita, prima a cercare, poi a dare, poi a cercare di mantenere, per poi sentirci inevitabilmente rinfacciare ciò che loro ci hanno dato.
Le odio perché hanno bisogno di noi come noi di loro (a volte di più, addirittura), ma sono talmente abituate a farsi desiderare (e odio anche noi che non sappiamo trattenerci dal desiderarle), che quasi non se ne accorgono più, e sognano un mondo in cui nessuno più le «disturbi», arrivando addirittura a nascondere a se stesse che la fine degli uomini che cercano le donne sarebbe la fine delle donne (e non parlo del meccanismo biologico delle api e dei fiori, qui, ma delle implicazioni psicologiche...).
Le odio, infine, perché non sono tutte così, ma quelle che lo sono (che sonocomunque maggioritarie), sono talmente stronze, che mi spingono a dimenticare che ne esistono altre, e che, tutte insieme, stronze e meno stronze (chiamiamole "le accettabili...") in fondo, le amo...

martedì 27 gennaio 2009

Voltiamo pagina


Quello che non manca mai di stupirmi nell'atteggiamento di molte persone (guardacaso per la maggior parte di genere femminile) è il modo di porsi nei confronti dell'amore. Esistono decine di ragazze che si innamorano perdutamente del proprio uomo, arrivando a svilupparne un'ossessione e poi semplicemente se ne stufano. Può succedere a tutti e poi saltano fuori quelle frasi fatte che si chiamano "Periodi di riflessione" o "di pausa" che non vogliono dire nulla: significa che una dei due ha deciso di lasciare l'altro ma non ha ancora il coraggio di stare da sola. Quando finisce il periodo di riflessione? Quando uno dei due trova un altro. La cosa curiosa è che la donna, quella stessa che si struggeva e soffriva per "l'amore della sua vita", è capace di metterci una pietra sopra in pochi giorni e cominciare a rifare le stesse moine a uno appena conosciuto. Ricordo infatti che la donna decide di chi innamorarsi e una volta fatta la scelta riesce a farlo perdutamente, senza porsi troppi problemi su quello che è stato prima. Nascono anche discorsi vuoti e preconfezionati sulla falsariga di "restiamo amici" e "non ti voglio perdere" solo per dare un contentino e togliersi dai piedi l'ex, che da oggetto del desiderio è diventato improvvisamente una stupida palla al piede, di solito perché quello nuovo scopa meglio. Rassegnatevi, è una ex, l'avete già persa.
Anche se siete semplici amici, le ragazze escono con la compagnia del proprio partner, non certo con voi, che ormai siete diventati noiosi e abitudinari.
La prima cosa che farà la ragazza è stabilire la sua presenza nella compagnia del nuovo ragazzo. Quelli saranno i suoi nuovi fedelissimi amici: quelli che aveva prima non esistono più, anche se tanto teneramente "non voleva perderli".
Spesso il nuovo ragazzo è solo un passaggio, una transizione, che serve alla ragazza per chiudere il precedente capitolo amoroso. Terminato il passatempo, nella nuova compagnia avrà già adocchiato il (e sarà già stata vittima delle attenzioni del) nuovo maschio idiocratico medio, che di lì a poco diventerà il suo nuovo partner sessuale e probabilmente grande amore. Non sfuggirà ai lettori più attenti che questo accade nella stessa compagnia in cui è presente l'attuale partner. Ciò vuol dire che la nostra simpatica appena arrivata ci proverà o ci starà con un amico del suo ragazzo temporaneo.
Di solito non è un problema: si volta ancora una volta pagina e ancora una volta "non ti voglio perdere restiamo amici". L'amico che beneficerà da ora in poi delle graziose cosce aperte, non si porrà certo troppi problemi.
Chiunque vi dirà che preferirebbe perdere un amore che un amico, che il proprio amico non si tradisce mai, che tra ragazza e amico si sceglie sempre l'amico. Sono balle. A parole è tutto facile, ma nella vita reale, anche l'amico più caro che avete preferirà sempre il triangolo di pelo a voi. E per tener fede ai sani principi di amicizia, troverà comunque mille scusanti, sostenendo sempre e comunque che a un amico non si porta mai via la ragazza, anche mentre se la sta scopando in diverse posizioni.
In tutta la trafila è interessante notare come la suddetta si orienterà sempre e comunque verso quello che a detta di tutti è considerato un coglione: ancora una volta l'idiocrazia fa la sua parte, proponendo come sessualmente irresistibile un uomo mediocre e spesso stupido, ma di certo adatto alle esigenze della nostra infoiata, che per l'occasione regredisce ad uno stadio di comportamento quasi da adolescente in calore.